Due mondi paralleli che si sfiorano, si toccano ma non si incontrano. Una dualità, quella tra la terra d’Occidente e la terra d’Oriente, tra vita e morte, tra uomo e donna. Il primo più spietato, venerato, esaltato, il secondo oppresso. Questi sono i temi che risalto nelle opere Shirin Neshat in mostra al Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC) di Milano.

La mostra, una retrospettiva dell’artista, dal titolo suggestivo “Body of Evidence” a cura di Diego Sileo e Beatrice Benedetti visibile fino al 8 giugno 2025, con oltre 200 opere fotografiche, video e installazioni, racconta oltre trent’anni di carriera.
Shirin Neshat, Iraniana, attraverso la sua arte affronta le esperienze delle donne nella società islamica, l’impatto delle ideologie politiche e religiose e le tensioni tra tradizione e modernità, tra Oriente e Occidente.
Artista di fama internazionale, da decenni esplora con acume e sensibilità le complessità dell’identità, del genere, della spiritualità e dell’elisio, in particolare nel contesto della sua terra e del mondo islamico.
“Body of Evidence”, non è una semplice mostra, ma una testimonianza, un archivio, un viaggio attraverso la coerente e multiforme ricerca dell’artista, che spazia dalla fotografia alla videoinstallazione, lasciando al fruitore un segno e invitandolo alla riflessione.
L’allestimento, curato con intelligenza, guida il visitatore attraverso i momenti cruciali della sua carriera.

Il percorso espositivo si snoda attraverso le tappe significative della sua carriera, aprendosi con la suggestiva videoinstallazione Fervor (2000), che introduce immediatamente lo spettatore alle dinamiche di genere e alle tensioni sociali.

Prosegue con le acclamate videoinstallazioni: Turbulent (1998) con i suoi due schermi che mostrano un uomo e una donna cantare in risposta l’uno all’altra e Rapture (1999) che contrappone la libertà del movimento femminile in uno spazio aperto al rigore dello spazio maschile all’interno di una fortezza.

Opere che attraverso la giustapposizione di schermi e narrazioni visive contrastanti, immergono il pubblico, in narrazione visive stratificate e ricche di simbolismo, in riflessioni profonde sulle esperienze maschili e femminili, sulla libertà e la restrizione, sul pubblico e il privato. Il suono, elemento fondamentale in queste opere, amplifica l’impatto emotivo, creando un’esperienza quasi sensoriale.

La mostra continua con Roja (2016), un’opera che esplora il tema del sogno e della memoria, per poi condurre lo spettatore attraverso le atmosfere oniriche e le riflessioni sull’identità americana e l’esilio in Land of Dreams (2019) e la più recente e intensa The Fury (2023), che affronta con forza le tematiche della violenza e del trauma.

Un momento centrale della retrospettiva è rappresentato da The Book of Kings (2012), un’opera che intreccia ritratti potenti con miniature persiane e calligrafia, riflettendo sulla storia, la politica e la resilienza culturale.

Si ritorna poi alle origini con l’iconica serie fotografica Women of Allah (1993-1997). Questi intensi ritratti in bianco e nero di donne, spesso velate e con iscrizioni in persiano sui corpi e sui volti, continuano a sfidare gli stereotipi occidentali e ad indagare la complessa relazione tra femminilità, devozione religiosa e militanza nell’Iran post-rivoluzionario. La bellezza austera delle immagini contrasta potentemente con la potenziale inquietudine dei soggetti, creando una tensione palpabile.

Il percorso prosegue con la toccante videoinstallazione Soliloquy (1999), che esplora il tema della solitudine e dell’alienazione, per concludersi con la suggestiva e toccante Passage (2001), una riflessione sul ciclo della vita e della morte.


Ciò che colpisce maggiormente in “Body of Evidence” è la coerenza del percorso artistico di Shirin Neshat. Pur evolvendo nei media e nelle forme espressive, il suo sguardo rimane costantemente rivolto alle questioni dell’identità frammentata, del senso di perdita e di appartenenza, e alla sottile ma potente resistenza insita nelle esperienze umane, in particolare quelle femminili, all’interno di contesti culturali e politici complessi.
La sua arte non offre risposte semplici, ma solleva interrogativi profondi, invitando lo spettatore a confrontarsi con le proprie preconcezioni e a considerare prospettive diverse.
La mostra al PAC non è solo un’occasione per apprezzare la bellezza formale e la forza concettuale delle opere di Shirin Neshat, ma anche un invito alla riflessione su temi di stringente attualità.
In un mondo segnato da conflitti, migrazioni e ridefinizioni identitarie, il lavoro di Neshat risuona con una particolare urgenza e offre spunti preziosi per comprendere la complessità dell’esperienza umana contemporanea.
“Body of Evidence” è una mostra da non perdere, un’esperienza artistica intensa e memorabile che lascia il segno.